L’usura, virus del mercato

Monza e Brianza sta per sottoscrivere tra tutti gli interessati (istituzioni, associazioni d’impresa, rappresentanti del mondo imprenditoriale) un protocollo d’intesa antiusura, anche in vista dell’arrivo dei fondi del Pnrr a cui mira anche la criminalità organizzata. Lo ha annunciato il prefetto Palmisani al convegno organizzato da Provincia e Prefettura di Monza su «Strumenti e strategie di prevenzione e contrasto dell’usura».

Interessanti gli spunti usciti dalle relazioni. A fronte dello scarsissimo numero di denunce di usura presentate, sia a Monza sia a livello nazionale, e del conseguente debole ricorso ai mutui agevolati offerti dall’apposito Fondo statale, due sono sembrati gli orientamenti proposti dagli esperti.

La procuratrice della Dda di Milano Alessandra Dolci, a partire dalla sua esperienza di magistrato, ritiene che la maggioranza degli imprenditori usurati sono in realtà operatori che agiscono border line, «clientela adusa alla devianza», che quindi non denuncia non tanto per timore di ritorsioni ma perché rischiano essi pure conseguenze penali poiché da vittime si sono trasformati in conniventi o complici della criminalità organizzata. Pertanto occorre mettere in atto un sistema di tutor per garantire che i prestiti del Fondo nazionale (che per l’84% poi non vengono restituiti) siano erogati solo alle aziende degne e capaci di stare sul mercato.

Il procuratore di Monza Claudio Gittardi e il prefetto Giovanna Cagliostro, Commissario straordinario governativo antiusura, dando maggior peso agli aspetti sociali della questione, sostengono che «il mutuo senza interessi non basta più» e si può pensare invece a investimenti a fondo perduto a favore degli usurati, per averne un “guadagno” in termini di legalità e recupero sociale. «Gli usurati sono schiavi – ha detto Gittardi – tossicodipendenti del bisogno di denaro e disposti a tutto per  averlo».

Tutti gli intervenuti hanno comunque sottolineato che l’obiettivo della ‘ndrangheta nel fare prestiti a usura non è più, come forse un tempo, generare ulteriori guadagni (tant’è vero che, almeno all’inizio, i tassi praticati non sono illegali), bensì entrare nel sistema economico legale, impossessarsi delle aziende in crisi, rilevare attività – soprattutto nella ristorazione e nei bar. L’usura è dunque, oltre che un reato spia delle mafie, un «reato grimaldello». Per questo Antonio Calabrò di Assolombarda ha tenuto ad ammonire le aziende che «non cedono alla ‘ndrangheta solo per difficoltà economiche, ma anche per la tendenza a considerarla come una agenzia di servizi: ci si affida alla criminalità organizzata per vincere le gare, sbaragliare la concorrenza, assorbire altre imprese, allargare il proprio mercato». Non c’è ancora sufficiente percezione che «le mafie sono nemiche delle imprese, del mercato, del lavoro».

 

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