La Brianza come Fort Apache

Sarà a Seregno la sera di venerdì 16 marzo, vigilia della marcia per la Giornata della Memoria e dell’Impegno, la presidente uscente della Commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi. Un’occasione in più per riprendere in mano la Relazione conclusiva del suo mandato, davvero ricca di spunti anche per la Brianza.

Già è significativa la scelta della Commissione di collocare – per la prima volta – la Lombardia nelle zone «a inserimento tradizionale» (non più dunque di infiltrazione) della mafia, alla pari delle regioni del Sud. Del resto tra Monza e Milano sono poi documentate ben 12 locali di ‘ndrangheta, su 20 totali lombarde: significa un minimo di 600 affiliati attivi nei nostri territori.

La logica dei “fortini”

Ma ancor più interessante è l’analisi sulla presenza delle cosche al Nord: «L’avanzata dei clan calabresi ha seguito soprattutto quella che può essere chiamata la “legge dei fortini“. I comuni minori (in relazione ai contesti economico-demografici) risultano infatti per tante ragioni più facilmente espugnabili e controllabili, ed esprimono normalmente basse capacità di resistenza alla colonizzazione. Però questi paesi o centri minori finiscono per svolgere, una volta espugnati, una funzione di capisaldi strategici distribuiti sul territorio. Costituiscono cioè un potente strumento di consolidamento degli interessi mafiosi e di radicamento stabile, dello stesso tipo, anche se non della stessa intensità storico-sociale, espresso in Calabria».

Una guerra nascosta

«I centri minori diventano dunque postazioni fisse nel cammino della conquista, alla stregua delle stazioni di posta ai tempi delle diligenze, quartieri generali pronti ad accogliere le ritirate, trampolini di lancio per nuove avventure, snodi per gettare reti più ampie. Nella mappa in continuo aggiornamento dell’avanzata ‘ndranghetista, svolgono il ruolo delle casematte in una guerra a bassa intensità, che è contemporaneamente di movimento e di posizione. Sono anche i luoghi in cui si spingono più avanti le forme della colonizzazione, e se ne sperimentano di nuove. Non è casuale che siano proprio i comuni più piccoli quelli in cui si sono verificati i più numerosi attacchi alle libertà politiche dopo quelli alle libertà economiche. La violenza a bassa intensità, ossia contro le cose, che non esclude le intimidazioni alle persone, è di lunga data e assai frequente. E oggi colpisce sempre più amministratori e consiglieri comunali scomodi».

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